Prendendo la parola alla TV di Stato il 10 Gennaio il vice procuratore Abdolsamad Khorramabadi ha ribadito che “Le donne che non osservano il velo obbligatorio e si trovano senza hijab in luoghi pubblici commettono un crimine evidente e la polizia è incaricata di fronteggiare duramente e arrestare chi non rispetta la legge e di segnalarle alla Magistratura”. La stessa avrebbe poi inflitto le sanzioni ritenute ormai in Iran “normali” e “adeguate” per questo tipo di condotta.
Secondo il codice penale islamico, le donne che non indossano il velo devono essere recluse a partire da 10 giorno fino ad arrivare a 2 mesi, tale pena può essere sostituito dal licenziamento, multa, esilio, divieto di fare parte dei partiti politici o l’obbligo di svolgere lavori pubblici senza ricevere nessuna cifra. Negli ultimi mesi tuttavia la reclusione delle donne iraniane non è una semplice reclusione, infatti spesso le donne subiscono torture fisiche e mentali.
Come tutti ricordano, nel Settembre dello scorso anno Mahsa Amini, una giovane donna di 22 anni è stata arrestata perché non portava il velo correttamente. In seguito all’arresto e dopo un coma di due giorni, è stato ufficialmente attribuito che a causa di un insufficienza cardiaca la ragazza è deceduta. E’ fortemente probabile ,come sostiene la sua famiglia e i movimenti di proteste iraniane, che la sua morte sia stata causata dalle torture subite durante la vigilanza. Da questo episodio è nato da parte di tutta la popolazione iraniana un movimento di protesta che sta sfidando il regime iraniano sempre più intollerante e repressivo. Ancora oggi, quotidianamente sono in atto varie manifestazioni nelle quali si cerca il sostegno anche dei Paesi europei.
La risposta c’è stata in alcuni Paesi come Napoli che ha organizzato un flash mob contro la violenza sulle donne iraniane; In più hanno raccolto 85mila firme per far sì che l’Italia si mobilizzi per portare sostegno alle lotte delle donne iraniane.
Ma l’Iran non è l’unico Paese dove le donne subiscono discriminazioni; In effetti secondo il dossier pubblicato da unimondo.org nel 2022 si sono verificate tanti passi indietro in numerosi Paesi del mondo dall’aborto messo in discussione dagli Stati Uniti ai dati dalla violenza di genere che colpisce ancora 1 donna su 3. Tale violenza per altro è aumentata a causa della pandemia di Covid19 è aumentata la violenza contro le donne che ha fatto registrare nel 2021 45.000 casi di donne e ragazze di tutto il mondo uccise da partner o familiari.
Rimangono però ancora tante la strada e le lotte da fare per arrivare a una meta che sembrerebbe ovvia: l’assoluta parità di genere. Ma non è ovvio impegnarsi per raggiungerla.

Elisabetta Ditaranto