A un mese dalla tragedia turco-siriana quanto dolore ancora rimane?

Sembrava essere una notte come tutte le altre quella tra il 5 e il 6 febbraio 2023, quando, improvvisamente, il sud della Turchia, non molto lontano dal confine con la Siria, veniva colpito da una violenta scossa di terremoto.  

Il terremoto con magnitudo 7.9 è stato causato “dall’attivazione di una delle due grandi faglie che attraversano la Turchia, quella Sud-Est anatolica, che è una delle più attive nel Medio Oriente”.* Per comprendere la gravità del sisma e quanto sia stato dannoso basti pensare che il terremoto di Amatrice nel 2016 in Italia, considerato uno dei più violenti (con magnitudo 5.9), provocò 41000 sfollati, 388 feriti e 303 morti.

Il sisma che ha provocato danni anche nella vicina Siria, il più forte registrato dal 1939, secondo il presidente Erdogan, è stato seguito da uno sciame sismico per molti giorni. Ciò ha sconvolto le popolazioni già provate da quella che viene considerata a ragione, la tragedia del secolo. Quello del mese scorso, è solo l’ultimo di una serie di eventi sismici che hanno colpito il paese negli ultimi anni. Gli esperti avvertono che il rischio di futuri terremoti è evidente dal momento che la zona colpita presenta una forte attività sismica, per le molte faglie attive che attraversano il paese.

All’indomani della tragedia la situazione in cui versava il paese era a dir poco angosciante: le strade delle città bloccate da cumuli di detriti e macerie, molte persone sono fuggite riparandosi per strada, altre sono rimaste intrappolate tra le macerie mentre altre ancora cercavano disperatamente i propri cari. Il bilancio dei morti è altrettanto drammatico, sono oltre 50000 le vittime registrate al 25 febbraio, 50000 può sembrare solo un numero di cui ci si può dimenticare ma dietro di esso ci sono migliaia di persone, di storie che quel 6 febbraio sono state spezzate e questo non è possibile dimenticarlo.

Il governo turco ha attivato a suo dire da subito azioni di ricerca e di soccorso per cercare di salvare eventuali sopravvissuti tra le macerie. Anche se arrivano dall’opinione pubblica allarmi che gli aiuti non siano stati poi così tempestivi e che addirittura in Siria non siano proprio arrivati. Tuttavia mentre si continua a scavare senza sosta tra i detriti, e resti di vite spezzate, arrivano anche storie di speranza e di vita.** Come il caso di una bimba, aya, venuta al mondo mentre la terra tremava e salvata miracolosamente ancora con il cordone ombelicale attaccato alla mamma ormai senza vita. Ma sono diversi i casi che rappresentano speranza come i due fratellini salvati dopo 17 ore intrappolati sotto le macerie, o la bimba di 18 mesi salvata dopo 56 ore o il neonato estratto vivo dopo 5 lunghissimi giorni trascorsi tra i cumuli dei detriti. Tutte queste vicende sembrano essere dei veri e propri miracoli, avvenuti grazie alla gente che ha continuato a scavare tra le macerie anche a mani nude, nonostante la volontà di Erdogan di interrompere le ricerche.

Il terremoto ha avuto anche un impatto psicologico sulla vita delle persone colpite, le quali si sono ritrovate ad affrontare la perdita dei propri familiari, delle proprie case, e l’incertezza che il futuro riserva. Si pensi alla piccola aya appena nata e senza una famiglia, spazzata via dal terremoto. Tuttavia la restituzione alla vita di persone che sembravano ormai perdute e che solo la forza e la caparbietà dell’amore ha salvato devono essere un monito a non arrendersi davanti alle avversità della vita e a cercare sempre la luce anche nei momenti più bui.

(*) ANSA

(**) https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/02/07/miracolo-in-siria-neonata-trovata-viva-tra-le-macerie_e25a9f0e-7bec-40ca-9cef-5fa07ccdc743.html

Alessia Loschiavo Benedetta De Lucia

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